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Sport e maternità: fine carriera o nuovo inizio?
- 13 maggio 2024
- Posted by: annaventurini97@gmail.com
- Categoria: Articoli
Domenica 12 maggio è stata la Festa della Mamma, perciò vogliamo approfittarne per affrontare un tema delicato come quello della maternità, inserito in un contesto sportivo.
Negli ultimi anni si sta facendo un enorme lavoro di sensibilizzazione sul tema, cercando di coinvolgere in egual misura entrambi i genitori nel percorso della genitorialità. Ci sono, però, ancora alcuni fattori che non colpiscono in modo uguale i genitori; alcuni di questi (fisici, psicologici e ormonali) sono per cause di forze maggiori ad appannaggio esclusivo di chi porta avanti la gravidanza, mentre altri (lavorativi e sociali) potrebbero essere diversamente distribuiti all’interno del nucleo familiare, invece ricadono sulla partoriente a causa di aspettative e pressioni sociali. Di seguito alcuni recenti dati Istat. Tasso di occupazione nel 2018 tra i 25 e i 54 anni (a seconda del titolo di studio):
- con figli 0-5 anni, uomini 80-95% vs donne 30-80%;
- con figli 6-14 anni, uomini 80-95% vs donne 35-80%;
- senza figli, uomini 75-90% vs donne 55-80%.
In un altro report sempre dell’Istat, riferito al triennio 2019-2021 viene presentato un confronto sul tasso di occupazione delle donne di 25-49 anni con e senza figli: il 73,9% delle donne senza figli lavora, mentre in caso di figli under 6, solo il 53,9% è occupata. Questo gap in generale si riduce con l’aumentare del titolo di studio, ma questi report dimostrano come il lavoro domestico e di cura non sia ancora distribuito equamente e che siano spesso le donne a dover riadattare le loro routine.
Nel mondo dello sport, un esempio lampante è la storia di Allyson Felix (ex-velocista statunitense, plurimedagliata olimpica e mondiale, donna in atletica leggera con più medaglie e ori olimpici, atleta in assoluto più vincente nei Campionati Mondiali). Nel dicembre 2017 il suo contratto con una nota marca di abbigliamento sportivo sta scadendo e l’atleta, incinta, deve negoziarne uno nuovo, in quanto il brand vuole tagliarle il 70% del compenso, non garantendole, inoltre, alcuna tutela relativa alla maternità. Felix si vede costretta ad abbandonare il marchio e firma con un altro brand, una compagnia fondata e incentrata sulle donne; inoltre, fonda il suo brand di scarpe, Saysh. Ritornata in pista dopo una gravidanza travagliata, infrange il record di medaglie d’oro vinte ai Campionati Mondiali di Atletica, precedentemente detenuto dal giamaicano Usain Bolt, lanciando un messaggio importantissimo: la maternità non deve corrispondere con il fine carriera.
Non bisogna neanche dare per scontato che un’atleta si ritiri dalle competizioni perché voglia soddisfare un desiderio di maternità. La maternità è un diritto a-politico, non un obbligo e non si è meno “donne” se non si hanno figli, così come non si è meno madri se non si rientra negli stereotipi della così detta “famiglia tradizionale”.
Come anticipato, ci sono fattori fisici, ormonali e psicologici che coinvolgono in prima persona le donne che affrontano una gravidanza – in questo caso, le atlete o ex-atlete che intraprendono questa scelta. Partiamo da una semplice affermazione: la gravidanza è un momento molto speciale della vita, durante il quale devono essere prese scelte e decisioni per garantire il benessere sia della madre, sia del bambino. Due temi dibattuti riguardano la pratica sportiva in gravidanza e il temporaneo abbandono post-partum, argomenti che non coinvolgono solo la sfera fisica, ma anche quella emotiva (mentale e psicologica).
Per le donne atlete o appassionate di fitness, infatti, smettere di allenarsi e adattarsi a una nuova routine può essere estremamente difficile. Alcune delle principali difficoltà includono:
- la perdita di identità | per molte donne lo sport è una parte fondamentale della loro identità e interrompere l’attività fisica può portare a sentimenti di perdita del Sé e di isolamento;
- la disinformazione | l’esercizio fisico durante la gravidanza ha molti benefici per la salute, sia per la madre che per il feto, ma è ampiamente diffusa su social e blog di finti-guru l’irrazionale paura di mettere a rischio la salute del proprio bambino decidendo di continuare ad allenarsi; l’importante è saper adeguare ritmi e carichi, affidandosi a professionisti competenti;
- la diminuzione dell’energia | prendersi cura di un neonato comporta drastici cambiamenti nella routine di una persona (e.g.: sonno ridotto, orari per l’allattamento, ecc.), molte donne sperimentano una diminuzione dell’energia e potrebbero non sentirsi in grado di allenarsi come prima, causando frustrazione;
- l’incertezza sul futuro e le false aspettative | molte donne, sia atlete professioniste, sia non atlete, affrontano preoccupazioni e sfide comuni: “riuscirò a tornare alla forma fisica precedente?”, “sono ancora una brava mamma se lascio i figli per tornare ad allenarmi e a gareggiare?”. Per le atlete professioniste c’è spesso la pressione di tornare in pista o in campo il più rapidamente possibile, cosa che può risultare dannosa se non gestita con attenzione. Il ritorno all’attività fisica dovrebbe avvenire in modo sicuro e graduale. Inoltre, c’è il rischio di sviluppare aspettative irrealistiche sulla forma fisica post-partum, il che può portare a delusioni e frustrazioni; il corpo subisce cambiamenti significativi durante la gravidanza e il parto, e il recupero post-partum richiede quindi tempo e deve essere gestito con attenzione e pazienza, senza dimenticare il benessere psicofisico della madre.
A tal proposito abbiamo in Italia un esempio molto recente: Federica Pellegrini (ex-nuotatrice, plurimedagliata olimpica e mondiale), a due mesi dal parto ha deciso di tornare ad allenarsi per “riconoscere il suo corpo”. Le sue dichiarazioni hanno generato scalpore sul web, con commenti che la incitavano a pensare ad allattare, invece che ad allenarsi, oppure che le chiedevano retoricamente perché avesse messo al mondo un figlio se non fosse disposta a fare sacrifici. Si fa vivo quindi il mito del sacrificio, dove le mamme non hanno diritti e si devono annullare per essere dipendenti dai loro figli. Ricordiamoci, però, che secondo il pediatra e psicoanalista britannico Donald Woods Winnicott, a differenza dell’immaginario collettivo le mamme non devono essere perfette (ovvero pensare esclusivamente ai figli, generando uno stile di attaccamento pervasivo che non permette il corretto sviluppo del Sè del bambino); devono, invece, essere “sufficientemente buone” (madri presenti, ma allo stesso tempo che si prendono cura anche del proprio benessere, evitando insoddisfazione e frustrazione).
Risulta evidente, quindi, quanto la psicologia possa giocare un ruolo fondamentale al fine di vivere la gravidanza con serenità e renderla un’esperienza gratificante e piacevole. In particolar modo per le atlete, la corretta gestione degli aspetti emotivi e mentali è necessaria per affrontare la pausa, la ripresa degli allenamenti o un eventuale fine carriera. Cosa si può fare, quindi? Possiamo offrire supporto emotivo e sociale, organizzare gruppi di condivisione di neo-mamme e future mamme che stanno attraversando la stessa esperienza, coinvolgere famiglia e amici nel mantenimento di uno stile di vita sano (sia da un punto di vista fisico, sia da un punto di vista sociale). La psicologia aiuta anche in previsione del ritorno allo sport: l’utilizzo di tecniche di mental training, come ad esempio il neuroimagery, è fondamentale per mantenere un livello di attivazione funzionale anche durante il periodo di pausa.
Se è vero che gravidanza e sport sono aspetti complessi da conciliare, perché, secondo credenze comuni, apparentemente l’uno esclude l’altro, in realtà i due mondi possono tranquillamente convivere, con le dovute attenzioni e accortezze e con un adeguato supporto sociale, mentale e psicologico.
Vogliamo lasciarvi con un po’ di leggerezza, per celebrare questo giorno e per incoraggiare tutte le atlete che hanno voglia e motivazione a tornare a competere ad altissimi livelli post-gravidanza: la gravidanza e la maternità non sono un limite. La regina della velocità Shelly-Ann Fraser-Pryce (velocista giamaicana, plurimedagliata olimpica e mondiale) ha recentemente partecipato alla parents race (corsa dei genitori) organizzata dalla scuola del figlio, ovviamente non lasciando speranze agli altri partecipanti. Alla domanda del giornalista sul perché avesse partecipato, ha risposto: “Perché non avrei dovuto? Si chiama parents race, quindi mi sono presentata […]”.
A cura delle Dottoresse Veronica Mattarozzi e Barbara Bruni Cerchier
Dott. Alessandro Bargnani | CEO CISSPAT Lab
BIBLIOGRAFIA
Aytac, S. H., & Yazici, S. (2020). The effect of social support on pregnancy and postpartum depression. International Journal of Caring Sciences, 13(1), 746.
Chan, C. Y., Lee, A. M., Koh, Y. W., Lam, S. K., Lee, C. P., Leung, K. Y., & Tang, C. S. K. (2020). Associations of body dissatisfaction with anxiety and depression in the pregnancy and postpartum periods: A longitudinal study. Journal of affective disorders, 263, 582-592.
Istat (2019). Conciliazione tra lavoro e famiglia. https://www.istat.it/it/files/2019/11/Report-Conciliazione-lavoro-e-famiglia.pdf
Istat (2022). BES 2021. Lavoro e conciliazione dei tempi di vita. https://www.istat.it/it/files/2022/04/3.pdf
Winnicott, D. W. (1965). Sviluppo affettivo e ambiente. Armando, Roma, 1970.