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La relazione tra genitore e figlio nello sport
I genitori svolgono un ruolo particolarmente importante nell’esperienza sportiva dei giovani atleti.
Il coinvolgimento in un’attività sportiva può avvenire in fasi precoci dello sviluppo ed è solitamente mediato dalla scelta dei genitori. Quest’ultimi possono vantare un passato da ex atleti desiderosi di tramandare al figlio la passione per lo sport, oppure si può trattare di caregiver attenti e sensibili nel riconoscere abilità, attitudini e potenzialità del bambino.
Inoltre, secondo un recente report della National Youth Sports Strategy (2020) rispettivamente il 73% e l’88% dei genitori crede che lo sport apporti dei benefici alla salute mentale e fisica dei propri figli e il 55% ritiene che l’attività fisica gioverà dal punto di vista scolastico e migliorerà le loro carriere lavorative future.
Ma quanto incide la relazione tra un genitore e il proprio figlio nello sport?
Negli ultimi decenni diversi studi hanno messo in luce come le aspettative sul sistema familiare siano cambiate radicalmente rispetto al passato, tanto che i genitori di oggi sono ritenuti sempre più responsabili nel favorire o meno il futuro dei figli [1]. Questi standard rappresentano ciò che la società descrive come “buona genitorialità” in cui il valore del genitore è sempre più legato ai risultati e alle prestazioni del figlio. In questo contesto lo sport, come la scuola, fornisce misure oggettive di successo e confronto sociale portando così i genitori a investire enormi quantità di tempo e denaro nei loro giovani atleti [2].
Lo sport giovanile sta diventando, dunque, sempre più professionalizzate, nel senso che l’attenzione si sta spostando dai benefici sullo sviluppo fisico, sociale e psicologico verso obiettivi più estrinseci come la vittoria, il posizionamento in classifica, l’approvazione sociale e l’ottenimento di borse di studio.
Spesso ciò determina un eccessivo coinvolgimento nella carriera sportiva del figlio che può interferire con un sano sviluppo atletico e personale.
“Il problema è che, quando i bambini vengono valutati solo per i loro risultati, vivono per accontentare le fantasie dei genitori e non per chi sono loro come individui” [3].
Weinberg e Gould, esponenti nell’ambito dell’Applied Sport Psychology e direttori dell’Institute for the Study of Youth Sports, riportano come le convinzioni e i comportamenti dei genitori rispetto alla partecipazione dei loro figli nella pratica sportiva siano fortemente correlati ai comportamenti e al benessere psicologico di questi ultimi [2].
In particolare è emerso che i genitori che sostengono obiettivi di padronanza nei figli, in cui lo scopo dell’attività sportiva è sviluppare competenza e padronanza e dove l’errore è considerato parte del processo di apprendimento, concorrono nel creare un’esperienza più vantaggiosa per i giovani nello sport.
Invece, la predominanza di obiettivi di prestazione, in cui si desidera dimostrare il proprio livello di abilità rispetto agli altri e dove l’errore rivela una mancanza di capacità, è spesso associata a minor autostima e a maggiori livelli di stress.
Anche la pressione esercitata dei genitori svolge un ruolo importante nello sport giovanile. Secondo alcune ricerche presenti in letteratura, i minori che possiedono una motivazione intrinseca verso lo sport e riferiscono di divertirsi di più durante la pratica sportiva hanno dei genitori che si rapportano nei loro confronti con un atteggiamento di supporto. Esercitare, invece, troppa pressione e riporre eccessive aspettative sul giovane atleta ha degli effetti negativi come un aumento dell’ansia da prestazione, timore del fallimento, fluttuazioni della motivazione e burnout dell’atleta.
Il focus dovrebbe essere, invece, “sul processo”, ovvero sui benefici che la pratica sportiva apporta nel corso dello sviluppo facendo acquisire nuove competenze e dando la possibilità di uscire dalla propria zona di confort confrontandosi, così, con i propri punti di forza e aree di accrescimento. Al contrario, focalizzandosi esclusivamente sul risultato si corre il rischio che il figlio si senta degno di essere amato e valorizzato solo in relazione ai successi ottenuti e che venga caricato di attese che non sempre riesce a soddisfare [4]. Tutto questo può avere delle conseguenze nelle fasi successive di sviluppo: un adolescente vittima di aspettative troppo elevate nei propri confronti, prima o poi rischierà di crollare di fronte ai possibili fallimenti e sconfitte. La sensazione di aver deluso le aspettative, di aver fallito e la frustrazione di non avercela fatta portano ad un altissimo tasso di dropout sportivo. Sembra, dunque, che l’obiettivo di anni dedicati allo sport non sia stato il piacere e il divertimento del gioco in sé, ma il raggiungimento di una carriera agonistica.
A tal proposito, è stato dimostrato che la maggior parte degli atleti d’élite non ha iniziato la propria carriera sportiva con l’aspirazione di diventare grandi campioni e nemmeno i genitori riserbavano tali aspettative verso i figli [5]. Si tratta, invece, di bambini che hanno sperimentato numerosi sport e che sono stati incoraggiati a partecipare per divertimento e crescita personale. Solo più tardi, dopo essersi appassionati a una particolare disciplina sportiva e aver dimostrato talento, hanno sviluppato aspirazioni sportive d’élite. In tutto questo fondamentale è stato il supporto, e non la pressione, di genitori e allenatori [2].
Come cambia il contributo del genitore nel corso del tempo?
- Fase iniziale: il bambino prova vari sport o discipline sulla base delle proprie inclinazioni e disposizioni individuali per poi scegliere la disciplina nella quale finirà per specializzarsi in seguito. In questa fascia d’età (con allievi/atleti di 5-8 anni) il divertimento assume un ruolo centrale, il bambino riceve incoraggiamento da parte degli adulti significativi e si sente libero di sperimentare in modo ludico le sue potenzialità. I genitori infondono il valore dell’impegno e dell’importanza di applicarsi con dedizione, ma in genere non enfatizzano la vittoria come l’obiettivo primario dell’esperienza sportiva.
- Fase dell’investimento: se nel figlio viene riconosciuto il talento, il giovane atleta inizia a specializzarsi in un determinato sport e viene affidato a un allenatore o a un coach esperto che si fa carico della sua crescita atletica nel lungo periodo. Il focus si sposta dal divertimento alla padronanza tecnica e tattica e alla ricerca dell’eccellenza nelle abilità sport/disciplina specifiche. I genitori rivestono un ruolo importante nella gestione logistica e temporale di allenamenti e competizioni, nell’investimento finanziario, ma soprattutto nel supporto emotivo.
- Fase di eccellenza e delle prestazioni d’élite: il figlio è riconosciuto come un atleta d’élite, si allena molte ore al giorno con l’obiettivo di ottimizzare le competenze tecniche e tattiche per raggiungere e mantenere nel tempo delle prestazioni di successo. Il giovane atleta matura una scelta di vita professionale e la carriera agonistica va a definire un’identità forte e stabile. I genitori sono meno coinvolti rispetto alle fasi precedenti, ma sono un’importante fonte di sostegno emotivo e sociale.
- Fase di mantenimento dell’eccellenza: l’atleta si focalizza sul mantenimento degli standard prestativi che ha raggiunto ed è esposto a costati pressioni interne ed esterne.
La genitorialità di successo per lo sport giovanile può essere difficile, ma ne vale la pena.
La maggior parte dei bambini avrà dei benefici a livello fisico, psicologico e sociale, ma solo pochi diventeranno grandi campioni. È importante quindi educare i genitori a essere spettatori durante le partite, a non sostituirsi all’allenatore, a supportare i giovani atleti permettendo anche al figlio di sbagliare. Un atteggiamento positivo li può aiutare a capire che il successo non è determinato solo dal numero di vittorie, ma da come si riesce a far fronte al fallimento [4].
“Tuo figlio ha diritto di non essere un campione”
BIBLIOGRAFIA
[1] Coakley, J. (2006). The good father: Parental expectations in youth sports. Leisure Studies, 25, 153–163.
[2] Weinberg, R. S., & Gould, D. (2019). Foundations of sport and exercise psychology, . Champaign, IL: Human Kinetics; 7th edition.
[3] Rosenfeld, A. & Wise, N. (2001). The Over-Scheduled Child: Avoiding the Hyper-Parenting Trap. New York: St. Martin’s Griffin
[4] Taylor, J. (2018). Raising Young Athletes: Parenting Your Children to Victory in Sports and Life. Lanham: Rowman & Littlefield Publishers
[5] Gould, D., Dieffenbach, K., & Moffett, A. (2002). Psychological characteristics and their development in Olympic champions. Journal of Applied Sport Psychology, 14(3), 172–204
SITOGRAFIA
Benefts of Youth Sports. (September 17, 2020). Developed by the PCSFN Science Board. Retrived June 23,2022 from https://health.gov/sites/default/files/2020-09/YSS_Report_OnePager_2020-08-31_web.pdf
A cura delle Dott.sse Anna Venturini e Guglielmo Cristina
Dott. Bargnani Alessandro Ceo CISSPAT LAB