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INTERVENTO SULLA COESIONE IN UNA SQUADRA DI PALLAVOLO MASCHILE
Motivazione, fiducia, concentrazione, emozioni ed arousal sono tra i fattori psicologici che maggiormente condizionano la performance degli atleti. Di conseguenza vengono elaborati vari programmi di mental training che agiscano in tal senso. Tuttavia, ancora prima di poter procedere con la pianificazione e la strutturazione di strategie di preparazione mentale è importante conoscere e lavorare sulla squadra/gruppo e sul rapporto atleti-allenatore. Questo perché negli sport di squadra le dinamiche che avvengono tra i membri e la relazione che ognuno di essi instaura con l’allenatore sono fattori importanti per la prestazione. L’allenatore con il suo complesso ruolo contribuisce, infatti, in modo rilevante, alla determinazione del clima di squadra.
A seguito di una richiesta di un allenatore di pallavolo è stato impostato un lavoro di presentazione teorica agli atleti sulla coesione, una raccolta di dati tramite questionari ed un intervento esperienziale. L’obiettivo era di rendere coscienti gli atleti delle interazioni di squadra, individuare e potenziare le risorse di ogni elemento della squadra e lavorare anche sulle difficoltà che si possono riscontrare all’interno del gruppo e nella comunicazione e relazione con l’allenatore.
Poiché esistevano dei chiari segnali di problemi di coesione a livello di squadra, ancora prima di lavorare sulle abilità mentali, è stato necessario osservare e ottimizzare le relazioni interpersonali che consentono di ricavare soddisfazione dall’esperienza sportiva e di migliorare la performance individuale e collettiva.
Obiettivi dell’intervento
In un incontro preliminare con l’allenatore è stata decisa la suddivisione della squadra in due gruppi, sulla base delle caratteristiche di personalità, al fine di fare emergere le dinamiche più interessanti in modo omogeneo.
Le problematiche evidenziate dall’allenatore e dallo psicologo, che potevano essere oggetto di conflitto e motivo di poca coesione, riguardavano:
- la contrapposizione di diverse leadership;
- la percezione soggettiva e oggettiva da parte di un atleta, in particolare, che si sentiva escluso dal gruppo, che creava conflitti nella squadra in quanto mal tollerato dalla maggior parte dei membri;
- l’intolleranza agli errori da parti di alcuni atleti, che reagivano agli sbagli dei compagni con nervosismo, reazioni verbali e linguaggio non verbale di disapprovazione;
- le individualità di gioco e la mancanza di affiatamento;
- l’intolleranza alla critica da parte dei compagni;
- le reazioni di rabbia e attacco nei confronti dell’arbitraggio da parte di un atleta, che regolarmente veniva sanzionato con il cartellino giallo;
- l’assenza di un atleta “cardine”, come persona e come ruolo;
- la debolezza della coesione di squadra.
Premesso che la squadra si trovava agli ultimi posti della classifica di serie B2, e poiché l’allenatore notava dei problemi relazionali all’interno della squadra, in occasione di un ritiro è stato deciso di improntare un lavoro che facesse emergere le dinamiche di gruppo e il livello di coesione esistente, per osservare meglio e soprattutto per rendere consapevoli gli atleti delle relazioni esistenti nella squadra. L’obiettivo era di renderli consapevoli del basso livello di coesione e dei problemi esistenti ma mai discussi in gruppo, nonostante la disponibilità e i diversi tentativi effettuati dall’allenatore.
Si è ritenuto necessario sondare anche la relazione con l’allenatore in modo da avere parametri di riferimento per potere eventualmente lavorare anche con l’allenatore sul suo stile relazionale, anche in previsione di un intervento a lungo termine.
L’obiettivo condiviso con l’allenatore era quello di individuare le dinamiche esistenti all’interno della squadra e, in secondo luogo, rilevare la percezione della squadra rispetto allo stile dell’allenatore, mettendola in relazione con la percezione soggettiva dell’allenatore stesso e con un allenatore ritenuto ideale.
Il lavoro comprendeva una presentazione teorica, la somministrazione di test, per evidenziare le dinamiche e la percezione dell’allenatore e successivamente un’esperienza outdoor, consistente nel gioco della “ragnatela” che evidenziasse le dinamiche di gruppo.
Metodo
PARTECIPANTI
Hanno partecipato al ritiro 15 atleti maschi di alto livello, appartenenti ad una squadra san marinese di pallavolo che disputava il campionato di serie B2. Di questi 15 atleti, tre disputavano il campionato di prima divisione e potevano essere scelti per le olimpiadi e la nazionale. I giocatori avevano un’età compresa fra i 23 e i 40 anni.
PROCEDURA
L’intervento è stato strutturato in due giornate. Ciascun intervento durava due ore. Il gruppo di 15 persone è stato suddiviso in due sottogruppi, in modo da permettere contemporaneamente all’allenatore di portare avanti il suo programma tecnico in concomitanza con il lavoro di mental training.
Nella prima parte dell’intervento sono state presentate dal punto di vista teorico le abilità mentali e le caratteristiche di un’efficace coesione. Successivamente, agli atleti sono stati somministrati tre questionari in forma anonima. Nel primo questionario si chiedeva di esprimere una valutazione sullo stile del proprio allenatore e sull’allenatore ideale. Si tratta della Leadership Scale for Sports (LSS) (Chelladurai, 1978) che prevede tre diverse versioni: una da somministrare all’allenatore perché descriva il proprio comportamento, una agli atleti perché descrivano come percepiscono il comportamento dell’allenatore, e un’altra sempre diretta agli atleti perché esprimano come preferirebbero che si comportasse l’allenatore. Tale strumento è composto da 40 items, suddivisi in cinque gruppi relativi al comportamento dell’allenatore: allenamento e istruzioni, gli stili decisionali autocratico e democratico, infine le due tendenze motivazionali al supporto sociale al feedback positivo. Alcuni esempi di item sono: “Si assicura che gli atleti lavorino secondo le loro capacità”, “Pianifica indipendentemente dagli altri”, “Gratifica un atleta di fronte agli altri per una buona prestazione”, ecc.
Precedentemente lo stesso questionario era stato somministrato all’allenatore per poi confrontare i risultati della percezione che l’allenatore ha di sé stesso con quello degli atleti.
Il secondo strumento somministrato alla squadra è il “Group Environment Questionnaire” (GEQ) (Widmeyer, Brawley e Carron, 1985). Gli autori hanno considerato la coesione come costrutto multidimensionale comprendente la coesione sul compito, riferita all’attività del gruppo in relazione al conseguimento degli obiettivi, e la coesione sociale, interente lo sviluppo e il mantenimento di relazioni interpersonali soddisfacenti. Sono inoltre identificati altri due aspetti: l’integrazione del gruppo, ovvero la percezione del collettivo come globalità da parte dell’individuo, e l’attrazione individuale verso il gruppo, ossia l’interesse che l’individuo ha verso il collettivo. L’integrazione e l’attrazione individuale verso il gruppo possono riguardare aspetti inerenti al compito o al sociale. Gli items del GEQ sono 18 e le sottoscale sono quattro:
- attrazione individuale verso il gruppo sul sociale (es. “Non mi piace prendere parte alle attività sociali di questa squadra”);
- attrazione individuale verso il gruppo sul compito (es. “Non sono soddisfatto della quantità di tempo che gioco”);
- integrazione di gruppo sul compito (es. “La nostra squadra è unita nel cercare di raggiungere i suoi obiettivi di prestazione”);
- integrazione di gruppo sul sociale (es. “I componenti della nostra squadra raramente si ritrovano insieme”).
Il terzo questionario, infine, è uno strumento finalizzato a studiare il clima all’interno della squadra: “Il Clima di Squadra” (QSC) (Gruère e Stern, 1981). Il questionario è composto da 16 items relativi ai comportamenti della squadra verso il singolo giocatore e agli atleti si chiedeva di valutare la frequenza di questi comportamenti nei loro confronti. Per ogni item sono previste sei possibilità di scelta: mai, molto raramente, a volte, di solito, di frequente, sistematicamente.
Gli atleti dovevano esprimere un giudizio sulla loro squadra e attraverso le risposte si sono ottenute delle misure su quattro dimensioni relative al clima di squadra: l’autenticità (es. “…mi sostiene in modo autentico”), la comprensione (es. “…percepisce bene il tipo di persona che sono”), la stima (es. “…ha interesse per me”), l’accettazione (es. “…mi accetta come sono”).
La seconda parte dell’intervento prevedeva una situazione esperienziale, denominata “la ragnatela”, in cui fare emergere in modo visibile i problemi e le risorse della squadra. La ragnatela è un gioco in cui tutti i membri della squadra devono attraversare una struttura costruita a forma di ragnatela. Per costruire la struttura venivano usate delle corde elastiche di 4-5 mm di diametro, che venivano intrecciate attorno a due pali posti ad una distanza di circa 3 mt., in modo da formare una tela di ragno caratterizzata da buchi di diverse dimensioni. L’obiettivo del gioco era quello di attraversare la ragnatela, attraverso questi buchi, portando l’intero gruppo dal lato opposto a quello di partenza, in 20 minuti. Per eseguire il compito tutti gli atleti potevano aiutare il compagno che stava attraversando il foro, rimanendo nel rispettivo lato del campo in cui si trovavano, ma niente e nessuno poteva toccare la ragnatela o la sua struttura di sostegno, altrimenti il buco più grande veniva chiuso. Se un componente della squadra, nel tentativo di attraversare un foro, tocca la ragnatela o la sua struttura di sostegno, deve attraversare nuovamente la ragnatela da un buco diverso. Dopo che qualcuno attraversa con successo un foro questo deve essere chiuso e non può più essere utilizzato dagli altri. Queste indicazioni sono state scritte su un foglio appoggiato ad un ripiano per potere osservare chi assumesse la leadership rispetto al compito. Questo tipo di esperienza permetteva successivamente di riflettere e confrontare ciò che accadeva nel gioco e ciò che accadeva nel gioco di squadra durante gli allenamenti e le partite.
I dati dei questionari sono stati messi in correlazione con quanto emerso con l’esperienza della “ragnatela”. È seguita per ciascun gruppo una discussione nella quale le domande che venivano poste e sulle quali sono state improntate le riflessioni erano:
- “cosa ha funzionato dei vostri comportamenti?”
- “cosa non ha funzionato dei vostri comportamenti?”
- “come possiamo riportare tutto questo alla vostra squadra?”
A questo ha fatto seguito una riflessione da parte dell’intera squadra su quanto emerso. Purtroppo, il tempo a disposizione per quest’ultima parte è stato riduttivo rispetto alle esigenze che emergevano. È infatti emersa la necessità di riprendere il progetto anche in tempi successivi.
RISULTATI
Test
Rispetto al test LSP, i risultati hanno evidenziato da parte degli atleti:
- il desiderio di essere coinvolti nel pianificare e nel discutere le strategie, la tattica di gioco;
- la richiesta di un maggiore intervento da parte dell’allenatore per correggere gli errori e fornire informazioni per il miglioramento tecnico;
- la richiesta di confronto con l’allenatore, anche rispetto alle proprie capacità;
- il desiderio di coinvolgimento da parte dell’allenatore anche al di fuori del rapporto sportivo;
- il desiderio di essere approvati e sostenuti dall’allenatore.
L’allenatore è apparso molto simile al modello ideale nella percezione degli atleti, per cui è emersa una buona relazione tra squadra-allenatore, che potrebbe essere ulteriormente potenziata lavorando sulla maggiore autonomia decisionale degli atleti.
Rispetto al GEQ. i punteggi più bassi riguardano l’integrazione del gruppo ovvero la percezione del collettivo come globalità da parte dell’individuo.
Per quanto riguarda il QSC le scale nelle quali si sono ottenuti risultati inferiori sono la scala dell’autenticità e della comprensione.
Esperienza pratica:
L’esperienza pratica della ragnatela durava 20 minuti per ciascuno dei due gruppi. Entrambi i gruppi sono riusciti a portare a termine il compito: il primo gruppo ha terminato al limite del tempo e con due errori; il secondo gruppo ha terminato il compito nella metà del tempo e con un errore.
All’esperienza sono seguite delle domande, proposte ad entrambi i gruppi separatamente, al fine di attivare una discussione di squadra. Il primo quesito era: “Cosa ha funzionato dei vostri comportamenti?”. Il primo gruppo ha risposto che ciò che aveva funzionato era stato: il gioco di squadra, le scelte tattiche, le valutazioni fisiche, la coordinazione, la soddisfazione del risultato, la cooperazione e il rispetto delle posizioni. Il secondo gruppo, invece, individuava come comportamenti funzionali: l’organizzazione, la comunicazione, la tattica, la disponibilità di ognuno, la fiducia, la cooperazione, la coesione, la soddisfazione del risultato e il controllo degli obiettivi.
Per quanto riguarda il secondo quesito, si chiedeva al gruppo: “Cosa non ha funzionato dei vostri comportamenti?”. Il primo gruppo osservava che l’intraprendenza individuale e l’istintività avevano ostacolato il raggiungimento del compito. Il secondo gruppo, invece, individuava il ritardo nella comprensione del compito come un fattore che aveva rallentato la riuscita del compito nella prima fase dell’esperienza.
Sia nel primo che nel secondo gruppo, c’è stata collaborazione, anche se con tempi diversi. Nel primo gruppo le diverse leadership esistenti hanno rallentato i tempi e le decisioni, in seguito anche al bisogno di confronto su idee coesistenti. I membri si sono attivati tutti ma in modo autonomo; le figure di leader emergenti esplicitavano le loro idee in una comunicazione che, nella fase iniziale, non era ancora condivisione, riflessione, e confronto di gruppo, era piuttosto un esplicitare il proprio modo di agire rispetto al compito. Nel tempo gli atleti di sono resi conto che era necessario cooperare, mettere assieme le valutazioni e fare una scelta comune per raggiungere lo scopo.
Nel secondo gruppo, invece, c’è stata una situazione di confusione e quasi di deresponsabilizzazione, a cui ha fatto seguito la presa di posizione da parte del capitano e poi l’alzatore. C’è stato quindi un confronto attivo tra queste figure e gli altri giocatori.
Ciò che emerso da entrambi i gruppi è che per riuscire nel compito e nel gioco di squadra è necessario che ci sia collaborazione, comprensione, ascolto, fiducia, confronto, organizzazione tecnica-tattica, rispetto dei ruoli, sostegno, coordinamento, incoraggiamento, messa in discussione di ognuno, accettazione delle critiche e cooperazione.
Un risultato importante è stata la messa in discussione di diversi giocatori rispetto al proprio atteggiamento. Per esempio, un atleta che si trovava in conflitto con la squadra e che non si sentiva accettato ha riconosciuto il suo atteggiamento, si è scusato della sua incapacità di mantenimento del controllo e ha espresso il desiderio di cercare di migliorare il suo atteggiamento. A ciò ha fatto seguito una riflessione collettiva rispetto alla mancanza di cooperazione, collaborazione e sostegno reciproco.
CONCLUSIONI
L’obiettivo del ritiro è stato raggiunto grazie anche alla figura dell’allenatore che ha aiutato gli atleti nel prendere coscienza delle dinamiche emerse nell’esperienza pratica. Dopo avere fatto riflettere, valutare, osservare e discutere gli atleti è infatti seguito un momento di confronto con l’allenatore che li ha aiutati a comprendere l’esperienza con quanto accade nel gioco in campo. Gli atleti si sono resi conto delle dinamiche esistenti e della scarsa coesione in campo che non favorisce la prestazione. L’esperienza ha fatto emergere alcuni problemi che sono stati poi discussi ed elaborati. L’esperienza pratica è stata particolarmente apprezzata dagli atleti in quanto ha consentito di comprendere nel concreto le dinamiche ed i problemi esistenti a livello di squadra. I questionari hanno confermato il basso livello di integrazione del gruppo sul sociale e sul compito. Il QSC appare inoltre un basso livello di percezione di autenticità e di comprensione da parte degli atleti rispetto alla squadra. Gli atleti si sentivano coinvolti individualmente rispetto al compito e a livello sociale. Infatti, a livello di relazioni al di fuori dell’attività sportiva non vi erano particolari problemi, ma rispetto alla percezione di coesione e di unione di squadra mancava notevolmente la capacità di muoversi e ragionare come gruppo, anche se vi erano le potenzialità per farlo. Fra i problemi emersi vi erano: la mancanza di fiducia verso alcuni giocatori, il senso di incomprensione, la messa in discussione personale, l’individualità che caratterizzava il loro modo di giocare, le diverse leadership esistenti, l’inesistenza del sostegno reciproco. Questa fase di lavoro iniziale è stata riconosciuta come rilevante da parte della squadra e dell’allenatore e di preparazione in vista di un intervento strutturato e protratto nel tempo.
A cura della dott.ssa Angela Proto
Dott. Alessandro Bargnani | CEO CISSPAT Lab
BIBLIOGRAFIA
- Carron, A.V. (1988). Group dynamics in sport. London, Ontario: Spodym Publishers.
- Chelladurai, P. (1978). A Contingency Model of Leadership in Athletics, dissertazione non pubblicata. University of Waterloo: Waterloo.
- Donnelly, P., Carron, A.V., e Chelladurai P. (1978). Group Cohesion and Sport. Canadian Association for Health, Physical Education and Recreation (Cahper) Sociology of Sport Monograph Series. Vanier City.
- Gruère, J.P., Stern P. (1981). 33 fiches d’analyse des relations de groupe. Paris: Les Editions d’organisation.
- Martens, R., and Peterson, J. (1971). Group Cohesiveness as a Determinant of Success and Member Satisfaction in Team Performance. International Review of Sport Sociology, 6, 49-61.
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