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Imagery nella performance artistica
“In realtà ciò che stai danzando è composto per il 95% dalla tua mente. C’è solo una piccola parte di pelle, ossa, muscoli e tessuto connettivo in ciò che accade. Ma la fonte è ciò che pensi, immagini e quanto ti conosci”
(Natalie Desch, danzatrice, coreografa, Juilliard BFA, University of Washington MFA)
La danza può essere definita una forma di espressione artistica dall’alto impatto comunicativo che permette di “muovere il corpo attraverso il tempo e lo spazio” (Cross e Ticini, 2012, p. 6).
Tale disciplina richiede al danzatore un costante impegno fisco e cognitivo che, nel corso degli anni, ha suscitato l’interesse di psicologi e neuroscienziati per i quali la danza appare come una finestra di “vita reale” su argomenti come l’expertise (lo studio di ciò che rende le persone eccezionalmente competenti in un particolare dominio), l’embodied cognition (la teoria secondo cui la cognizione è in gran parte fondata sull’esperienza sensomotoria), la creatività (la capacità di produrre idee e risultati originali, adattivi o funzionali) e l’imagery, costrutto ampiamente definito dagli psicologi dello sport i quali hanno creato un framework teorico di riferimento che può essere applicato anche alla danza.
Una prima importante distinzione è tra “visual imagery” (VI), centrata su aspetti esterni, con un’attenzione specifica alla relazione tra il corpo e l’ambiente, e “motor imagery” (MI), dove il focus risiede sugli stati interni, sul movimento e sull’agenticità delle proprie azioni (Munzet et al., 2009).
In particolare, la Motor Imagery (MI) costituisce uno strumento centrale dell’allenamento sportivo e viene definita da Moran et al. (2012) come la “capacità cognitiva che permette un’esperienza motoria in assenza di attivazione muscolare”.
Tuttavia, nell’ambito specifico della danza, Nordin e Cumming (2006) riportano che i ballerini utilizzano anche altri tipi di imagery, come quello metaforico (ad esempio “danzare leggeri come una folata di vento”). Per questo motivo, i ricercatori, ne hanno ampliato la definizione descrivendo tale processo cognitivo come un’esperienza mentale che simula un’esperienza reale o che si avvicina a una sensazione desiderabile attraverso il richiamo alla consapevolezza di immagini, odori, gusti, suoni, percezioni e movimenti, senza però sperimentarli nella realtà.
Al fine di offrire una panoramica completa sull’imagery, Cumming e Williams (2013) hanno elaborato il “Revised Applied Model of Deliberate Imagery Use for sport, dance, exercise, and rehabilitation”. Tale modello riprende in parte il “4 Ws of imagery use in Sport” di Munroe et al. (2000) e costituisce un importante strumento conoscitivo e applicativo nel lavoro con i danzatori.
La versione aggiornata include l’analisi di 6 categorie:
- Who (chi utilizza l’imagery)
Gran parte della ricerca si è focalizzata su chi esattamente utilizza l’imagery. Dai risultati emerge che i ballerini di tutte le età e livelli ne fanno uso per migliorare la propria qualità di movimento (Nordin & Cumming,2006; Bolles & Chatfield, 2009): dai giovani allievi ai gruppi avanzati, dai danzatori professionisti agli amatoriali. Inoltre, all’aumentare dell’expertise del danzatore aumenta anche la frequenza di utilizzo dell’imagery. Sia i maestri che gli allievi riportano di ricorrere all’imagery durante la lezione di danza per focalizzare l’attenzione su un movimento o descrivere la corretta esecuzione di un passo (Nordin & Cumming, 2005;2006).
- What (la tipologia di imagery)
Il Dance Imagery Questionnaire (DIQ) rappresenta ad oggi il sistema di categorizzazione più completo per comprendere le diverse tipologie di imagery adottate nella danza. Si possono distinguere quattro categorie ciascuna delle quali è associata a una diversa funzione:
- Technique imagery: consiste nella descrizione e nella visualizzazione di passi specifici o di sequenze di movimenti.
- Mastery imagery: immagini di “padronanza” legate a processi di pianificazione, controllo dell’ansia e mantenimento del focus. Ad esempio, i ballerini possono immaginare se stessi sicuri e concentrati durante un’importante audizione.
- Goal imagery: si tratta di immagini associate al processo per conseguire un obiettivo. Il ballerino può visualizzare se stesso durante le fasi che lo conducono al raggiungimento di un risultato specifico, come il perfezionamento dell’en dehors (movimento di rotazione esterna dell’anca).
- Role and movement quality imagery: riguarda non solo la visualizzazione dei personaggi da interpretare all’interno della coreografia, ma anche il ricorso ad immagini metaforiche utili a migliorare la qualità del movimento (ad esempio immaginare che le braccia si trasformino in ali).
A differenza di quanto emerge nella letteratura sportiva, è stato dimostrato che i ballerini sembrano ricorrere maggiormente a immagini tecniche, mentre gli atleti usano più frequentemente immagini di padronanza (Nordin & Cumming, 2008). Tale differenza rispecchierebbe il diverso approccio didattico e metodologico individuato tra insegnanti di danza e allenatori. In particolare i primi sembrano ricorrere più frequentemente a immagini cinestesiche per migliorare la tecnica, la performance e per favorire il pensiero creativo negli allievi (Overby et al., 1998)
- Why (le funzioni che l’imagery ha per gli atleti)
L’imagery ricopre in modo pervasivo tutti gli ambiti di vita del ballerino e assolve numerose funzioni che tornano utili alle diverse figure che ruotano attorno al mondo della danza per perseguire scopi pedagogici e didattici, ma anche creativi e motivazionali.
I coreografi, ad esempio, rivelano di servirsi di diverse tipologie di imagery per visualizzare le relazioni spaziali tra gli elementi coreografici, ma anche per trovare ispirazione nel processo di ricerca, ideazione e costruzione delle sequenze (Hanrahan & Vergeer,2000; Nordin & Cumming, 2005; May et al., 2011)
Gli allievi riferiscono che gli insegnanti usano le immagini durante la lezione di danza per spiegare in modo più chiaro un particolare gesto tecnico o per comunicare pensieri e sentimenti che dovrebbero essere espressi attraverso il movimento (Nordin & Cumming, 2005). Molto spesso per perseguire tale obiettivo si prediligono immagini metaforiche.
Come gli atleti, anche i ballerini riportano di ricorre alla ripetizione mentale di determinati passi o sequenze per analizzare, apprendere e fissare maggiormente in memoria il movimento, concentrandosi in modo particolare sulle fasi specifiche e sulla tecnica corretta (Mental rehearsal-style imagery). A tal proposito sono state sviluppate una serie di tecniche somatiche, tra cui il Dynamic Neuro-Cognitive Imagery -DNI™ (conosciuto anche come “Franklin Method”), un approccio basato sull’imagery e nato con l’obiettivo di migliorare la performance a livello motorio (range of motion -ROM, postura e respirazione) e non motorio (concentrazione, goal-setting, consapevolezza di sé, propriocezione). Gli esercizi di imagery sono accompagnati da movimenti e training specifici per facilitare il processo di apprendimento grazie al feedback neuromuscolare. I contenuti sono personalizzati per dirigere l’attenzione del ballerino sugli aspetti cognitivi, biomeccanici e sensoriali della danza (Franklin, 2019;). Una serie di evidenze empiriche ha dimostrato i benefici dell’impiego del DNI™ in specifici gesti tecnici della danza classica, come il plié arabesque, l’altezza del sauté e il miglioramento dell’en dehors nel developpé (Heiland et al., 2012; Heiland e Rovetti, 2013; Abrham et al., 2019).
Inoltre, l’imagery è utilizzato per regolare l’arousal e gli stati emotivi, alleviare l’ansia, aiutare il danzatore a riprendersi da errori, difficoltà, infortuni o prepararsi ad affrontare prestazioni impegnative con un maggior grado di self confidence (Nordin & Cumming, 2005;2006)
- When (timing) e 5. Where (contesto di utilizzo)
Le ricerche dimostrano che i ballerini ricorrono all’imagery prima, dopo e durante la lezione di danza, ma anche nel corso delle esibizioni (Nordin & Cumming, 2005;2006;2007). L’utilizzo avviene sia in situazioni statiche o di rilassamento (prima di iniziare il movimento) sia in condizioni dinamiche (ad esempio durante l’interpretazione), a differenza degli atleti che prediligono per lo più posizioni statiche (Nordin & Cumming, 2008).
Infine, i ballerini riportano di utilizzare l’imagery come tecnica per esibirsi al meglio nonostante la stanchezza e il dolore o come ausilio alla pratica nel periodo di riposo e recupero a seguito di un infortunio (Nordin-Bates, Walker, e Baker, 2011)
- How (com’è vissuta tale esperienza)
Le immagini descritte dai danzatori sembrano contenere soprattutto componenti visive e cinestesiche (Hanrahan & Vergeer,2000; Nordin & Cumming, 2005). Per quanto riguarda la modalità visiva si può distinguere la prospettiva interna da quella esterna: la prima permette al ballerino di visualizzare l’immagine come la vedrebbe con i propri occhi sperimentando un’esperienza simile alla performance, mentre la seconda aiuta il danzatore a visualizzare il proprio movimento come lo vedrebbe uno spettatore tra il pubblico.
Per aiutare sia gli psicologi che gli atleti a creare delle immagini che simulino il più possibile l’attività fisica reale è fondamentale prendere in considerazione le sei categorie sopradescritte. Tuttavia, partendo dai risultati emersi nelle neuroscienze dello sport, tale modello può essere integrato da un protocollo chiamato PETTLEP (Holmes e Collins, 2001). Esso si basa sul concetto di “equivalenza funzionale” (secondo la quale VI e MI reclutano strutture e/o processi neurali simili a quelli sottesi alla reale attività motoria e di percezione visiva) e definisce gli aspetti fondamentali per l’efficacia della sua applicazione: Physical (l’imagery deve essere di tipo fisico), Environment (il contesto immaginato deve essere simile a quello reale), Task (il compito immaginato deve essere adattato alle abilità del soggetto), Timing (I tempi di esecuzione devono essere simili a quelli reali), Learning (l compito deve mirare all’incremento delle capacità del soggetto), Emotion (l’esperienza di imagery deve elicitare le stesse emozioni emergenti nella realtà), e Perspective (la prospettiva interna è quella più adatto per la maggior parte degli sport).
La ricerca evidenzia, dunque, i benefici che derivano dall’applicazione dell’imagery tenendo in considerazione i risultati emersi in letteratura. Un uso sistematico ed evidence-based favorirebbe, infatti, il perseguimento di specifici obiettivi, come rafforzare la tecnica, sviluppare la creatività, aumentare la fiducia in se stessi o ottimizzare la performance. Fondamentale sarebbe dunque la possibilità di assegnare un tempo specifico all’interno della lezione di danza per la pratica dell’imagery.
A cura della Dott.ssa Anna Venturini
Dott. Bargnani Alessandro Ceo CISSPAT LAB
BIBLIOGRAFIA
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