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I disturbi del comportamento alimentare nello sport
Per un atleta avere un peso corporeo molto basso può rappresentare un campanello d’allarme.
Molti atleti e allenatori ritengono che la perdita di peso e la magrezza possano avere un effetto significativo sulla performance sportiva.
Quando la perdita di peso è grave, le persone affette da disturbi alimentari sviluppano i cosiddetti “sintomi da fame“, come descritto da Keys e colleghi in “The Biology of Human Starvation”.
Questi “sintomi da fame” che compromettono di conseguenza le prestazioni sportive sono: pensieri ossessivi nei confronti del cibo, preoccupazione eccessiva relativa all’alimentazione, irritabilità, cambiamenti di umore, disturbi del sonno, ritiro sociale, debolezza, disturbi gastrointestinali, intolleranza al freddo, ridotta concentrazione e apatia.
I disturbi del comportamento alimentare acquisiscono il significato di comportamenti adattativi. Rappresentano “un tragico tentativo auto-terapeutico nei confronti di una situazione di minaccia, di invasione di un Io che si avverte incapace di gestire lo stress e che percepisce tutto il proprio appetito verso l’esterno, ma lo vive come una minaccia alla sua identità, una minaccia di perdita dei limiti, di dissolversi nell’oggetto del bisogno (Bruch, 1962; 1973)”
L’esercizio fisico eccessivo e compulsivo è una caratteristica comune tra gli atleti che soffrono di disturbi alimentari.
L’esercizio viene definito “eccessivo” quando interferisce in modo significativo con le attività quotidiane e continua, nonostante vi siano lesioni o altre complicazioni mediche.
L’esercizio è “compulsivo” quando si ha la percezione di essere spinti o costretti a compierlo, conferendo ad esso priorità rispetto ad altre attività (es. scuola o lavoro) e se questo viene rinviato a causa di altri eventi, provoca nell’individuo ansia e senso di colpa.
L’esercizio eccessivo e compulsivo sembra svolgere un ruolo significativo nell’insorgenza e nel mantenimento dei disturbi alimentari e solitamente viene utilizzato per controllare il peso corporeo, ma anche per modulare l’umore.
La maggior parte delle persone con disturbi alimentari pratica un esercizio eccessivo nelle attività quotidiane di routine (ad esempio, camminare per gran parte della giornata, stare in piedi invece di stare seduti mentre si studia o si guarda la televisione), ma alcuni sportivi utilizzano questo comportamento nelle attività sportive (es. allenamento che va oltre il loro programma quotidiano o il recarsi in palestra più volte al giorno). Questo può essere presente sia negli atleti agonisti, ma anche negli sportivi non agonisti. Si tratta comunque di un aspetto difficile da rilevare, solitamente emerge quando si presentano una serie di caratteristiche note come: “sindrome da sovrallenamento” ovvero affaticamento, perdita di peso, amenorrea, deterioramento delle prestazioni sportive e insonnia. Si tratta di una condizione fisica, comportamentale ed emotiva che si manifesta quando il volume e l’intensità dell’esercizio di un individuo supera la sua capacità di recupero. Vi sarà quindi una diminuzione dei progressi e delle prestazioni dello sportivo, che li porterà a perdere forza e forma fisica.
L’estrema restrizione dietetica produce inevitabilmente un deterioramento delle prestazioni sportive attraverso diversi meccanismi che provocano:
- un impoverimento del glicogeno che provoca una riduzione prematura delle capacità fisiche, psicologiche e mentali;
- acido lattico muscolare che causa dolore;
- disidratazione che provoca crampi muscolari;
- perdita di massa magra che porta una riduzione della forza muscolare e della prestazione aerobica.
In tutti gli sport è presente il rischio di presentare disturbi del comportamento alimentare, ma possiamo distinguere quattro categorie di sport in cui si verificano più frequentemente comportamenti alimentari patologici (Beals e Manore, 1994; Daluiski, Rahbar e Meals, 1997; Teitz, 1998; Sundgot-Borgen, 1994; Sykora, Grilo, Wilfley e Brownell, 1993; Wilmore e Costill, 1998):
- sport che stabiliscono categorie di peso: wrestling, boxe, sollevamento pesi.
- sport in cui un peso ridotto è vantaggioso per migliorare le prestazioni in competizione: vogatori, canoisti e fantini.
- sport di resistenza: maratona, distanza, mezzofondo.
- sport in cui un peso corporeo ridotto è proficuo per lo sviluppo dei movimenti che richiedono una buona presenza scenica davanti ai giudici: danza classica, ginnastica, pattinaggio artistico e aerobica.
Per risalire alle origini del disturbo alimentare diventa necessario non soffermarsi a quando si manifestano i sintomi o quando ormai molto spesso l’atleta si trova già in una situazione grave.
Per questo bisogna indagare nella storia di vita della persona e in particolare diventa necessario risalire alla sua infanzia.
Secondo John Bowlby e la sua teoria dell’attaccamento un bambino necessita di rapporti materni sicuri e continui per uno sviluppo sano della sua personalità. Bolwby cita gli studi di Harlow sulle scimmie rhesus separate dalla madre alla nascita. Ai piccoli venivano fornite due madri: una morbida ma che non erogava latte, mentre l’altra era metallica e fredda ma provvista di un biberon. Si evinse che i piccoli di scimmia trascorrevano maggiormente il loro tempo con la madre morbida rispetto a quella che offriva loro del cibo. Era quindi più importante per loro il contatto corporeo che l’essere nutriti.
Mary Ainsworth nel 1971, descrive tre modelli principali di attaccamento:
- il primo è quello dell’attaccamento sicuro, in cui il bambino ha fiducia nella disponibilità, nella comprensione e nell’aiuto che la figura parentale gli darà in caso di situazioni pericolose e di conseguenza si sente tranquillo nel poter esplorare il mondo circostante;
- il secondo schema è quello dell’attaccamento insicuro-ambivalente nel quale l’individuo vive in uno stato di incertezza in quanto non sa se il genitore sia disponibile a rispondere ai suoi bisogni quando chiamato in causa e quindi l’esplorazione del mondo gli crea molta ansia e angoscia di separazione.
- Il terzo schema è quello insicuro-evitante dove il bambino non possiede fiducia nei confronti del caregiver e di conseguenza ha sperimentato costantemente un rifiuto quando cercava conforto e protezione.
- Un quarto modello che viene introdotto successivamente è l’attaccamento disorientato e/o disorganizzato (Main, Solomon) all’interno del quale sono presenti nell’infante dei comportamenti stereotipati e bizzarri. Tali manifestazioni sono state associate a storie di abusi e maltrattamenti da parte del genitore oppure a traumi irrisolti da parte della figura di attaccamento.
La conoscenza di questi schemi devianti ci permette di capire che l’influenza nel modo di trattare un bambino da parte del genitore esercita sullo schema di attaccamento nel bambino medesimo.
https://www.funzionegamma.it/presentazione-del-numero-anoressia-adolescenza-gruppo/
El Ghoch, M.; Soave, F.; Calugi, S.; Dalle Grave, R. Eating Disorders, Physical Fitness and Sport Performance: A Systematic Review. Nutrients 2013, 5, 5140-5160. https://doi.org/10.3390/nu5125140
Tobal Miguel, F; Martin Diaz, MD; Legido Arce, JC; Trastornos de la conducta alimentaria en el deporte: anorexia y bulimia nerviosas, R.E.M.E., Volumen: 5 Numero: 11-12. http://reme.uji.es/articulos/amiguf3982201103/texto.html
Casonato, S. Sagliaschi, La valutazione dell’attaccamento nel ciclo di vita, prefazione di Giovanni Liotti, Urbino, Edizioni Quattro Venti srl, 2003, pag. 13.
Bowlby, Una base sicura Applicazioni cliniche della teoria dell’attaccamento, Milano, Raffaello Cortina Editore, 1989, pagg. 119-121.
A cura della Dott.ssa Guglielmo Cristina
Dott. Bargnani Alessandro Ceo CISSPAT LAB