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Gestione emotiva nello sport – un focus su Serena Williams
Serena Williams, una delle migliori tenniste di tutti i tempi, è rimasta tra i professionisti per ben 27 anni, vincendo un totale di 73 titoli. Nonostante una carriera vincente, ci sono stati diversi momenti in cui Serena ha perso il controllo durante una partita. Tra questi, il caso che forse ha fatto più scalpore è la finale degli US Open del 2018 giocata contro Naomi Osaka. Serena venne sanzionata nel primo set dall’arbitro Carlos Ramos per “coaching”, ovvero per aver ricevuto delle direttive dal suo coach, Patrick Mouratoglou, che si trovava in tribuna. Nel secondo set fu nuovamente sanzionata per aver distrutto la racchetta in seguito ad un attacco di rabbia, ricevendo così un punto di penalità. Il picco nella sua protesta fu raggiunto quando la Williams si scagliò contro l’arbitro, accusandolo di essere ladro e misogino, causandole come sanzione la concessione di un game all’avversaria. Il comportamento di Serena le costò anche una multa di 17 mila dollari, per volontà dell’Associazione americana di Tennis. Come si può descrivere la reazione spropositata che ha avuto Serena Williams?
La causa di questi comportamenti è insita nella sua difficoltà nel gestire le emozioni mostrata sul finale della carriera.
Che cosa si intende per gestione emotiva? Mayer e Salvoney (1997) la definiscono come “l’abilità di riconoscere e regolare le risposte emotive prodotte da stimoli ambientali al fine di raggiungere l’obiettivo desiderato”. In particolare, dato uno stimolo, la risposta emotiva viene influenzata da come valutiamo e rispondiamo ad esso. Ne risulta quindi che non è lo stimolo di per sé ad avere un forte carico emotivo, ma piuttosto il modo in cui il singolo individuo lo percepisce.
Secondo Yerkes e Dodson (1908), la performance aumenta quando si raggiunge un livello di attivazione psicologica ottimale. La prestazione, al contrario, cala se lo stato di attivazione psicologica dell’atleta supera il livello ottimale. Emozioni e sensazioni quali la paura o l’ansia possono causare un eccessivo aumento dell’eccitazione psicologica, debilitando così la prestazione dell’atleta. Inoltre, le emozioni hanno anche effetti sulle funzioni cognitive, ad esempio il focus attentivo e il processo decisionale, che possono influire negativamente sulla performance, incoraggiando pensieri e comportamenti irrilevanti al fine della competizione.
Essere in grado di regolare le proprie emozioni può fungere da meccanismo di protezione che permette agli atleti di essere più resilienti in presenza di stimoli percepiti come stressanti e aventi una forte carica emotiva negativa. Ed è proprio qui che lo psicologo sportivo interviene, attraverso l’utilizzo di tecniche quali self–talk positivo, imagery e mindfulness.
Per i tennisti è molto comune parlare con sé stessi durante i match. L’utilizzo del self–talk positivo si applica alle emozioni provate dall’atleta e a quelle effettivamente esternate. Quando questa tecnica cognitivo-comportamentale viene utilizzata, l’intensità delle emozioni e delle reazioni tende a calare. Lo psicologo sportivo, infatti,cerca di incoraggiare l’atleta a prendere consapevolezza delle sue emozioni al fine di gestirle in maniera ottimale.
Per quanto riguarda invece l’uso dell’imagery, immaginare sé stessi durante l’esecuzione di uno specifico movimento aiuta a gestire positivamente le emozioni, in quanto combatte l’ansia e fornisce all’atleta maggiore chiarezza nel processo decisionale strategico da applicare durante il match. Infine, l’utilizzo della mindfulness, recentemente applicata anche nel tennis, risulta essere efficace nel migliorare l’autocontrollo dell’atleta in situazioni di stress elevato.
In conclusione, questo articolo ha voluto fornire una spiegazione dell’importanza della gestione emotiva nello sport prendendo come esempio l’episodio di Serena Williams nella finale degli US Open del 2018. In seguito è stato evidenziato come l’incapacità o la difficoltà nel controllare le proprie emozioni possa debilitare sia le funzioni cognitive dell’atleta, quali il focus attentivo e il processo decisionale, sia la sua prestazione. Sono poi state descritte alcune strategie che lo psicologo sportivo può attuare per aiutare gli atleti a mantenere il controllo emotivo e un livello di attivazionepsicologica che consenta di facilitare e non danneggiare la prestazione.
A cura della Dott.ssa Veronica Mattarozzi
CEO Alessandro Bargnani
Bibliografia:
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