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Pianto & Lacrime
- 16 ottobre 2019
- Posted by: Gianluca
- Categoria: Uncategorized
Ogni vita inizia con un pianto. Il pianto è una risposta fisiologica all’ambiente che permette al neonato di comunicare con gli altri. Anche crescendo e sviluppando un linguaggio, l’uomo continua a piangere per comunicare agli altri emozioni che non riuscirebbe a spiegare con le parole.
La fotografa Rose Lynn Fisher fotografando al microscopio diversi tipi di lacrime ha dimostrato che le lacrime non hanno sempre la stessa struttura e composizione chimica.
Esistono 3 tipi diversi di lacrime:
– Basali: sono lacrime rilasciate continuamente in piccole quantità con lo scopo di mantenere la cornea lubrificata. Sono composte prevalentemente da acqua, ma contengono anche elettroliti, glucosio, proteine, amminoacidi liberi, urea, cellule esfoliate e lisozima.
– Psichiche o emotive: sono lacrime innescate da emozioni intense (es. tristezza). Il meccanismo in questo caso è più complesso perché non coinvolge solo l’apparato lacrimale (ad es. il battito cardiaco si accelera e la respirazione diventa più affannosa). Questo tipo di lacrime contiene più proteine, ormoni (prodotti in risposta allo stress) e manganese (riscontrato in alte concentrazioni nel cervello di persone che soffrono di depressione). Nelle lacrime emotive, inoltre, sono state riscontrate tracce di un’endorfina prodotta dal cervello, chiamata leu-encefalina, che allieva il dolore e riuscirebbe a far scaricare le ansie e le tensioni cumulate.
– Riflesse: sono lacrime causate da una risposta dell’organismo per contrastare degli agenti esterni (es. quando si taglia una cipolla).
È importante evidenziare che alcune specie versano lacrime riflessivamente in risposta a un dolore o a un’irritazione, ma la specie umana è l’unica che versa lacrime provocate dai propri sentimenti. È dunque importante per gli psicologi conoscere le ragioni e i meccanismi che sottostanno al pianto emotivo.
Ci sono diverse teorie che tentano di spiegare perché gli uomini piangano, senza tuttavia arrivare a una conclusione comune.
Una delle teorie più accreditate sostiene che il pianto favorisca il legame e la connessione umana. A differenza delle altre specie che nascono già pronte e formate, gli esseri umani vengono al mondo vulnerabili e non sono pronti ad affrontare il mondo da soli. Homo animal sociale est diceva Aristotele. Anche crescendo e sviluppando una propria autonomia l’uomo non è in grado di vivere da solo. Il pianto segnala a sé stessi e agli altri che c’è qualcosa che non va e che questo qualcosa, al momento, va oltre la propria capacità di superarlo. È una richiesta di aiuto.
Come già detto in precedenza, le lacrime emotive sono diverse rispetto alle lacrime riflesse o basali. La cosa curiosa, però, è che le lacrime emotive contengono più proteine rendendo le lacrime più viscose così che esse possano scendere più lentamente sulla faccia, rendendole più visibili agli altri.
Il pianto dello sportivo
La nuotatrice Federica Pellegrini in seguito alla vittoria della sua quarta medaglia d’oro ai mondiali nei 200 stile libero disse: “Io non ci credo ancora e giuro che non sto piangendo perché questo è il mio ultimo mondiale, piango di gioia perché sono contenta, sono davvero felice. Ora non vedo l’ora di andare sul podio per cantare l’inno italiano”.
Andrea Barzagli, all’epoca difensore della Juventus e della nazionale italiana, in seguito all’eliminazione dell’Italia agli Europei del 2016 in Francia ai microfoni della Rai si espresse con queste parole:
“È un’immensa delusione, perché abbiamo veramente dato tutto. Purtroppo rimane la sconfitta”. A questo punto Barzagli comincia a singhiozzare e a far scendere le prime lacrime. “Di tutto quello che di bello abbiamo fatto non rimarrà niente perché c’era veramente voglia di stare insieme e di fare bene”.
Si può piangere dunque per diversi motivi. Per dispiacere per essere andati incontro a una sconfitta, per la gioia e l’orgoglio di una vittoria quasi inaspettata o dopo aver subito un grave infortunio all’apice della tua carriera, come capitato a Ronaldo.
Si piange dunque per le tensioni che fa vivere lo sport. Da grandi lo sport non è più solamente un gioco come quando si è bambini. Si può perciò soffrire nel continuare a svolgere un’attività sportiva perché si deve dimostrare all’esterno (media, tifosi, sponsor, squadra etc.) e a sé stessi di essere forti e imbattibili.
Con le lacrime ci si libera di ciò che si ha dentro. Nello sport e nella vita in generale, il pianto può essere un buon mezzo per sfogare l’amarezza, il rimpianto, la delusione e non deve essere scambiato come un segno di debolezza. Fa parte della natura umana. Non piangere, trattenere le emozioni o rifiutare alcune emozioni significa andare contro natura.
Piangere è uno dei modi migliori per convogliare e filtrare i pensieri e gli eventi che ci causano dolore o preoccupazione. Trattenere le lacrime può portare a danni psicologici che a lungo termine possono anche essere gravi.
Le lacrime permettono di secernere degli ormoni che possono migliorare l’umore, magari dopo una sconfitta o un infortunio subito, perché, come sottolineato dal professor Roger Baker dell’Università di Bournemouth, il pianto trasforma l’angoscia in qualcosa di tangibile, aiutando la persona ad affrontare i traumi nella giusta maniera.
Durante le sedute di psicologia clinica sportiva condotte dal nostro staff, quando l’atleta (o il paziente in generale) piange con una frequenza a intervalli regolari significa che è entrato in contatto con il proprio inconscio ed è in questo momento che si può iniziare a lavorare sul trauma.
Non affrontare i sentimenti negativi sarebbe come guidare ad occhi chiusi. Comportamenti malsani come le dipendenze o i disturbi d’ansia derivano proprio dal fatto che le persone non vogliono trattare con le loro emozioni.
Gianluca Zamuner
Sitografia
– https://www.my-personaltrainer.it/Foto/Lacrimazione/composizione_lacrime.html
Bibliografia
– Gelstein, S., Yaara, Y., Liron, R., Sagit, S., Idan, F., Yehudah, R., Sobel. (2011), N. Human Tears Contain a Chemosignal. Science, 331, 226-230
– Oaklander, Mandy. “Why We Cry.” (2016): 68-70.