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SPORT E MIGRAZIONI: INTEGRAZIONE SOCIALE
- 18 dicembre 2023
- Posted by: annaventurini97@gmail.com
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Il 18 dicembre è la Giornata internazionale per i diritti dei migranti, proclamata nel 2000 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite.
Il tema dell’immigrazione è quanto mai centrale per l’ecosistema mondiale, sia all’interno dei confini nazionali che a livello internazionale. Negli ultimi 20 anni le migrazioni internazionali sono state in costante crescita, con un record nel 2020 pari a 281 milioni di persone residenti al di fuori del loro Paese di origine. Due terzi di loro vivono solo in 20 Paesi, in particolare negli Stati Uniti d’America (51 milioni) e in Germania (16 milioni). A livello continentale, invece, l’Europa è l’area che ospita il maggior numero di immigrati internazionali (87 milioni di persone) e anche la regione del mondo con il maggior numero di migrazioni intra-regionali (il 70% dei migranti nati in Europa). La maggior parte di queste persone proviene dall’India (18 milioni), dal Messico (11 milioni), dalla Federazione Russa (11 milioni), dalla Cina (10 milioni) e dalla Siria (8 milioni).
Analizzando invece i dati relativi al nostro Paese possiamo osservare che in Italia l’8.2% degli abitanti è costituito da stranieri residenti, percentuale che corrisponde a più di 5 milioni di persone. È imperativo evidenziare che il fenomeno migratorio coinvolge sia adulti che minori. Molto spesso, infatti, interi nuclei familiari decidono di migrare per differenti fattori, tra cui politici (come la presenza di conflitti civili o fra Stati, regimi dittatoriali, violazioni dei diritti umani), culturali (separazionismo, persecuzioni) economici, o catastrofi naturali.
Di fronte a questi numeri, appare evidente la necessità di creare nuovi spazi di incontro fra autoctoni e immigrati per favorire conoscenza e incontro tra culture; lo sport si adatta perfettamente a queste esigenze, diventando un veicolo di valori positivi, un esercizio di civiltà, luogo di socializzazione e apertura nei confronti dell’altro. Purtroppo, le evidenze empiriche a sostegno di tali tesi però sono ancora piuttosto scarse, almeno nel nostro Paese.
Infatti, in Italia, nonostante i molteplici vantaggi appena elencati che lo sport potrebbe offrire, i dati ISTAT mostrano disuguaglianze importanti riguardanti la pratica sportiva, a seguito di un’indagine sull’integrazione delle seconde generazioni (2016). Al di fuori dell’orario scolastico, nella scuola di primo grado il 75.7% dei bambini italiani pratica sport, contro il 53.0% dei bambini stranieri; crescendo le percentuali si abbassano e nella scuola di secondo grado il 64.1% dei ragazzi italiani pratica sport, mentre fra i ragazzi stranieri è solo un 47.4%. Analizzando, invece, le differenze di genere, il 76.0% dei ragazzi italiani fa sport, contro il 64.1% dei ragazzi stranieri, mentre il 62.3% delle ragazze italiane è messo a confronto con il 35.2% delle ragazze straniere.
È anche importante ricordare che i bambini e le bambine bilingui (in quanto migranti o figli e figlie di migranti) fanno parte della popolazione a rischio di fallimento scolastico. In questi casi lo sport assume in pieno il proprio ruolo di agenzia educativa, oltre che di inclusione sociale. I bambini e le bambine non solo hanno la possibilità di socializzare con i coetanei, ma hanno l’opportunità di familiarizzare con una lingua straniera, senza la paura del brutto voto e senza il rischio di una totale incomprensione, in quanto lo sport è fortemente veicolato dal corpo e dai suoi movimenti.
Se consideriamo che, storicamente, lo sport è stato fortemente intrecciato con ideologie razziste e di esclusione sociale, questi dati non sorprendono. Nelle colonie inglesi, in America e in Africa le persone di colore non potevano praticare sport di squadra e spesso erano segregate in campionati separati; questa esclusione iniziò a sfumare in America solo nel secondo dopoguerra (anni Cinquanta) e in Sudafrica al termine dell’Apartheid (1991).
A spiegazione dei dati ISTAT, si aggiunge anche un elemento burocratico evidenziato recentemente dal report di ActionAid “Sport e cittadinanza. Norme, regole e ostacoli” (2022). Si parla infatti del cosiddetto Ius soli sportivo (l.n. 12/2016) e dello Ius Culturae sportivo (art.1 co. 369 della Legge di Bilancio l.n. 205/2017); infatti, lo Ius soli sportivo permette ai minori che non sono cittadini italiani, ma che risiedono regolarmente in Italia almeno dal compimento del decimo anno di età, di tesserarsi presso le società sportive. Questa limitazione di età crea una disparità di trattamento, ad esempio, per tutti i minori entrati nel Paese all’undicesimo o successivo anno di età, trovandosi esclusi dai benefici della l.n. 12/2016.
Con l’obiettivo di sopperire al vuoto letterario sull’argomento, attualmente sono attivi anche sul territorio italiano diversi progetti che spingono alla partecipazione in attività sportive. Ad esempio, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali finanzia il progetto “Sport e Integrazione”, realizzato da Sport e Salute S.p.A. L’obiettivo primario è quello di garantire il diritto allo sport, assottigliando le disuguaglianze precedentemente elencate; si favorisce, quindi, l’accesso alle attività sportive a bambini e ragazzi provenienti da contesti socio-economicamente svantaggiati, con background migratorio, incentivando, anche, la partecipazione della componente femminile.
L’associazione Liberi Nantes, nel 2020, ha dato vita al progetto “S(Up)Port Refugees Integration”, coinvolgendo circa 100 donne migranti residenti nella provincia della Capitale; si tratta di un progetto ambizioso, impegnato non solo nel coinvolgimento della pratica sportiva, ma anche nell’abbattimento di barriere psicologiche e culturali.
Altri progetti attivi sul territorio riguardano l’apprendimento della lingua. Ad esempio, “Gioco anch’io”, promosso dal Laboratorio Itals di Ricerca e Didattica dell’Italiano a Stranieri, ha come obiettivo quello di far imparare la lingua italiana attraverso il calcio. Un’altra proposta vede coinvolta l’Università per Stranieri di Siena; l’Ateneo promuove il dizionario visuale “Tempi supplementari. Attività sportive e apprendimento dell’italiano L2”, una guida pratica per apprendere la terminologia sportiva e accessibile anche a persone con Dislessia.
A livello internazionale, invece, diversi organi hanno preso decisioni importanti affinché la pratica sportiva non venga interrotta a causa di migrazioni forzate per gli atleti di livello nazionale. Per la prima volta hanno partecipato alle Olimpiadi di Rio 2016 degli atleti provenienti da diverse Nazioni (due nuotatori siriani, due judoka della Repubblica Democratica del Congo, e sei corridori provenienti da Etiopia e Sud Sudan), componendo così la prima squadra di rifugiati. La squadra è stata nuovamente presente all’edizione di Tokyo, consolidando la collaborazione tra Comitato Olimpico Internazionale (COI) e Agenzia UN dei Rifugiati (UNHCR), collaborazione fondamentale per promuovere il ruolo positivo dello sport nello sviluppo e nel benessere dei rifugiati in tutto il mondo.
In conclusione, la giornata internazionale per i diritti dei migranti del 18 dicembre è un richiamo cruciale alla nostra responsabilità collettiva verso coloro che si trovano lontano dalle loro terre d’origine. L’immigrazione, in un mondo sempre più interconnesso, diventa un tema centrale che richiede sforzi concertati per favorire l’integrazione e la coesione sociale. Lo sport emerge come strumento potentissimo, un ponte tra culture diverse che può promuovere valori universali di inclusione e dialogo. Risulta, quindi, fondamentale investire in tutti quei programmi – anche precedentemente citati – che possano favorire la socializzazione.
A cura delle Dott.sse Barbara Bruni Cerchier e Veronica Mattarozzi
Dott. Alessandro Bargnani | CEO Cisspat Lab
BIBLIOGRAFIA
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