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L’IMPORTANZA DI CHIEDERE AIUTO … RONALDO SI RACCONTA
In occasione della presentazione del docufilm di Dazn sulla vita di Ronaldo, ai microfoni del quotidiano sportivo Marca, il Fenomeno brasiliano ha parlato di depressione e salute mentale. Il campione rivela:
“Sì, oggi faccio terapia e la porto avanti da due anni e mezzo: mi permette di capire meglio ciò che avevo provato prima. Io vengo da una generazione nella quale eri gettato nella mischia: dovevi cavartela senza avere possibilità di chiedere aiuto. Guardandomi indietro vedo che siamo stati esposti a uno stress mentale molto, molto grande senza esserne preparati”.
Ronaldo prosegue l’intervista spiegando che all’epoca l’assistenza per la salute mentale era minima, così come la possibilità di mostrare le proprie fragilità e di chiedere aiuto. Non c’era preoccupazione per il benessere psicologico dei giocatori. Tale tema veniva costantemente ignorato, nonostante in molti attraversassero momenti di infortunio, depressione e stress psico-fisico.
“Oggi sono molto più preparati” – conclude – “ricevono le cure mediche necessarie per affrontare la giornata e, inoltre, c’è uno studio maggiore sui giocatori riguardo ai loro profili, come reagiscono e come dovrebbero reagire […] Si sa da molto tempo come il calcio possa essere una fonte di grande stress e avere un peso enorme nell’esistenza di un calciatore“.
A questo proposito, il Comitato Olimpico Internazionale nel 2021 ha pubblicato un opuscolo divulgativo sulla salute mentale degli atleti. Per quanto l’attività fisica regolare sia generalmente associata a miglioramenti nel benessere fisico e mentale di chi la partica, tra il 5 e 35% degli atleti d’élite riportano di avere, o aver avuto, malesseri mentali. Ansia, insonnia, disturbi alimentari, uso di alcohol o droghe, depressione e burnout, insieme ad infortuni, gestione dei successi e dei fallimenti, pressioni esterne per una buona performance e il fine carriera, oltre alle “normali” sfide della vita quotidiana, sono tra i fattori che hanno una maggiore influenza sul benessere mentale degli atleti.
Secondo una definizione data dall’A.P.A. (American Psychological Association) “La psicologia dello sport è uno studio scientifico dei fattori psicologici che sono associati alla partecipazione e alla prestazione nello sport, all’esercizio e ad altri tipi di attività fisiche”.
Partendo da questa definizione, l’A.P.A individua due principali campi di applicazione della psicologia dello sport:
- il primo ha come focus di intervento la performance e in particolare l’ottimizzazione della prestazione. È aumentata, infatti, la consapevolezza rispetto all’impatto che le variabili emotive, motivazionali, cognitive e interpersonali hanno sul rendimento dell’atleta. Si tratta di un approccio bio-psico-sociale poiché a fronte di una preparazione fisica, tecnica e tattica sempre più omologata, sono le skills psicologiche e contestuali a fare la differenza.
- Il secondo campo di applicazione della psicologia dello sport è orientato alla promozione dell’attività fisica come veicolo di benessere fisico, psicologico e sociale in tutto il ciclo di vita.
Tali ambiti di intervento sono strettamente connessi tra loro, poiché la performance sportiva dipende in larga misura dal livello di benessere della persona.
Lo psicologo dello sport, deve quindi attuare un monitoraggio costante affinché la pratica sportiva non si trasformi in occasione di malessere e di disagio per l’atleta.
L’esasperazione della stessa, lo stress agonistico, l’adozione di modelli di comportamento disfunzionali o scorretti, come il ricorso a sostanze dopanti, le distorsioni nelle dinamiche relazionali con i tecnici, lo staff o tra i compagni di squadra, sono tutti elementi che possono influenzare negativamente lo sviluppo psicofisico dell’atleta e, quindi, anche la qualità della performance.
Quando lo stato di benessere finisce e subentra il disturbo nell’atleta, è qui che entra in azione lo Psicoterapeuta nello Sport, una figura professionale di alto livello, che può intervenire, ad esempio, in uno sblocco emotivo, può aiutare a riprocessare un attacco di panico o sostenere un burnout post infortunio.
Molto spesso gli atleti hanno difficoltà nel chiedere aiuto, sia per lo stigma auto-imposto o imposto dalla società, sia perché hanno una mancanza di consapevolezza del problema e nel riconoscimento delle proprie emozioni a riguardo, sia ancora perché hanno paura di come questo potrebbe influenzare le gare, gli allenamenti e la loro carriera sportiva.
Diventa quindi fondamentale creare un ambiente sano e sicuro, in cui gli atleti si sentono a loro agio a parlare dei possibili disagi. Sicuramente aumentare la letteratura del benessere mentale negli atleti può aiutare a prendere consapevolezza dei problemi, ma anche il supporto da parte delle figure vicine agli atleti, come allenatori, preparatori atletici, fisioterapisti e genitori, può incoraggiare gli atleti a chiedere aiuto nei momenti di difficoltà.
A cura delle Dott.sse Anna Venturini e Elena Graffi Brunoro
CEO Alessandro Bargnani
Bibliografia:
IOC Mental Health in Elite Athletes Toolkit, International Olympic Commitee